TRADUZIONE E STILE

La traduzione non è semplice sostituzione di parole a livello linguistico e tematico secondo regole grammaticali, ma è lo stile a determinare la buona qualità di un lavoro. Questa tesi è dimostrabile in modo emblematico raffrontando la traduzione fatta da un traduttore umano e quella fatta da una macchina. Le parole entrano in varie relazioni semantiche nella versione umana perché nel contesto hanno una predeterminata funzione stilistica. E la traduzione fatta dal computer è priva di stile.
Il “dizionario traduttivo” è un dizionario interpretativo e in sostanza non è un dizionario. Il traduttore si trova spesso nella situazione in cui ha esaurito tutte le possibilità del campo semantico senza trovare un traducente lessicale di igual valore, ma è ugualmente tenuto a conservare ciò che tiene insieme i singoli elementi. Occorre superare allora gli scogli della traduzione e non ridurla alle sole parole, prendendo in considerazione il testo nell’insieme.
Per tradurre un testo con i mezzi creativi adeguati, occorre basarsi sulla sua organizzazione, ossia stabilire il posto di ciascun elemento nel sistema complessivo. Il traduttore deve, in sostanza, partire dall’idea di un tutto preciso, organizzato e legato.
Lavorando al testo, il traduttore ha a che fare con diversi livelli, diversi elementi testuali, ne interpreta il significato nel prototesto e valuta l’accettabilità degli elementi che si appresta a utilizzare nel metatesto. Raffronta le differenze stilistiche e le possibilità interpretative del prototesto.
Cresce, così, l’importanza dello stile come principio integratore che unifica le parti in un tutto unico. La “forma” non si divide dal tema (contenuto) ma unifica funzionalmente i vari elementi testuali.
L’interpretazione stilistica del traduttore
Quando il traduttore si mette a lavoro, il suo primo compito è quello di comprendere e interpretare il prototesto.
E l’opera passa da una lingua all’altra come messaggio omogeneo grazie allo stile. È proprio lo stile a rappresentare l’unità dei vari messaggi testuali.
Il metatesto contiene determinati cambiamenti rispetto al testo originale proprio perché l’interpretazione dipende anche e soprattutto da chi la compie e da altri.
Il raffronto di fatti e collegamenti esterni dell’opera o della sua tematica, può essere d’aiuto al traduttore. Più il traduttore sa del tema, più è in grado di cogliere a pieno l’invariante del prototesto.
Ma le operazioni traduttive non riguardano soltanto la tematica e la lingua; sono operazioni di carattere anche stilistico.
Sappiamo che la specificità della traduzione come testo sta proprio nell’unità tra tema e lingua.
E lo stile appare per questo l’aspetto più importante in traduzione perché il concetto di corrispondenza traduttiva va definito innanzitutto a livello di stile dell’opera. Da ciò consegue che il campo principale dell’attività del traduttore è legato alla ricerca e alla scelta di traducenti stilistici del prototesto per il metatesto che si vuole creare.
Per “corrispondenza stilistica” si intende corrispondenza nella cultura ricevente. E il nucleo che dal prototesto passa al testo tradotto è l’invariante testuale.
Il concetto di “funzionalità” in traduzione non è altro che la corrispondenza dei mezzi espressivi e la loro uniformità stilistica. La corrispondenza stilistica si può intendere, quindi, come la correlazione tra i mezzi espressivi del prototesto e del metatesto, indipendentemente da grazie a quali componenti viene raggiunta.
È indispensabile che il residuo traduttivo sia compensato, almeno in parte, in un modo o nell’altro. Ma dato che la struttura e il tema non si trasmettono dalla cultura emittente a quella ricevente senza residui, bisogna fare i conti con determinati cambiamenti
Il “principio degli equivalenti funzionali” presuppone una certa libertà del traduttore nella scelta dei mezzi, conducendo inevitabilmente all’esclusione di qualcosa, a modifiche e aggiunte. Il cambiamento stilistico è la dimostrazione dell’impossibilità di riprodurre in modo assoluto il prototesto ma testimonia anche il tentativo di rendere minima la differenza tra i due testi, pur ricorrendo a determinati cambiamenti. A questi non si giunge solo perché il traduttore vuole cambiare il prototesto, ma anche perché si sforza di trasmetterlo nel modo più preciso possibile e di possedere il testo nella sua totalità visto che l’arte stessa della traduzione consiste nella riproduzione precisa dell’originale nel suo insieme.
Per questo la precisione della traduzione non va contrapposta alla libertà del traduttore: non esiste nessuna fedeltà o libertà assoluta, ma entrambe racchiudono elementi della propria contraddittorietà.
La cosiddetta “traduzione assoluta” non esiste né teoricamente né in pratica. Esiste però un modo in cui è possibile compensare funzionalmente gli elementi di residuo del prototesto. Tale cambiamento stilistico viene definito “funzionale” e ha come scopo una traduzione adeguata e per questo è conosciuto come variante ottimale.
La libertà del traduttore
Il problema che ci si pone è in che modo il traduttore possa svolgere il suo compito nella consapevolezza che gli elementi delle due lingue non coincidono, che una può disporre di elementi che l’altra non possiede e che il numero e i campi dei loro significati sono diversi. Considerato che diversi tipi di testo da tradurre si caratterizzano per l’impiego di elementi linguistici di un certo tipo (per esempio i testi scientifici per l’impiego di elementi terminologici e i testi artistici per l’impiego di elementi connotativi) e che questi tipi di elementi linguistici hanno corrispondenze diverse, il grado di precisione della traduzione può variare. Ne deriva che il grado di libertà che il traduttore può permettersi varia a seconda del genere testuale (libertà minima quando si traducono testi scientifici e libertà massima quando si traduce una poesia).
La pratica della traduzione dimostra che il traduttore ha una certa libertà nella scelta dei mezzi linguistici. Ma questa libertà è conseguenza del fatto che i linguaggi naturali e i loro elementi non sono descritti in modo sufficientemente preciso.
L’introduzione del concetto di “principio funzionale” e di “equivalenza funzionale” crea le condizioni preliminari per risolvere non solo i problemi evidenziati sopra, ma anche altri problemi altrettanto importanti per la teoria della traduzione, come quelli della precisione, della traducibilità e dello scopo della traduzione.
La traduzione è lo strumento attraverso il quale si realizza qualsiasi comunicazione bilingue, ma non è detto che abbia lo stesso scopo della comunicazione stessa. Così, mentre in certi casi il testo originale può avere uno scopo puramente informativo (ad esempio un trattato scientifico) e in altri di suscitare emozioni (per esempio una poesia), lo scopo della traduzione dei due testi è la stessa: trasmettere l’informazione invariante contenuta nell’originale.  
Anche il grado di precisione deve essere sempre lo stesso e non varia in base al genere testuale che si sta traducendo né in base al lettore: si tratta sempre di una precisione funzionale. Ciò che cambia sono i mezzi che il traduttore impiega per conseguire questa precisione, usando in alcuni casi delle corrispondenze assolute che danno l’illusione di un grado di precisione maggiore e in altri corrispondenze indirette e compensazioni che danno l’illusione di un grado di precisione minore e di conseguenza l’illusione di una maggiore libertà.
La posizione stilistica del traduttore
In traduzione, ai cambiamenti obiettivamente inevitabili, si oppongono quelli “individuali”, che costituiscono la “poetica del traduttore”.
Caratteristica specifica del traduttore è il fatto che lo stesso produca una certa “creolizzazione” tra la poetica dell’autore e la propria.
Il traduttore, in qualità di autore del metatesto, può occupare, in relazione all’invariante originale, varie posizioni stilistiche.
Per prima cosa deve considerare che le differenze culturali derivano dagli scarti temporali tra le letterature e dalla realizzazione storica delle due epoche, ma ciò non vuol dire che quest’ultimo debba rifiutarsi di tradurre un’opera che dal punto di vista storico-culturale è un tipo di testo non realizzato nella cultura ricevente.
Riguardo al rapporto tra lo stile del traduttore e lo stile del contesto culturale contemporaneo è evidente che il traduttore scriva per il lettore contemporaneo e che debba fare i conti con le norme e le convenzioni del suo ricevente. Perciò nella soluzione di questo problema, il traduttore dovrà sempre tenere presente il lettore modello del testo tradotto.
Altro fenomeno di relativa importanza è l’invecchiamento del metatesto: ogni testo fa parte di una certa epoca storico-culturale e si trova in qualche relazione con i gusti e le correnti del suo tempo. La traduzione di una certa opera viene sostituita da un’altra traduzione, e così facendo si modifica anche l’esperienza di chi la percepisce, si modifica il ricevente stesso.
Per “invariante della corrente culturale” intendiamo, così, le proprietà permanenti della ricezione della realtà e della tradizione che si sono realizzate in concrete condizioni storico-sociali e sono il risultato dello sviluppo culturale precedente e della cultura in genere. 
I cambiamenti stilistici
I principali cambiamenti stilistici che possiamo riscontrare sono: l’attualizzazione, ossia cambiamenti relativi allo spazio del testo, a volte il tema e l’adattamento dei personaggi o dei realia.
Facendo un esame sul trasferimento delle varie situazioni stilistiche del prototesto nella cultura ricevente, otteniamo le seguenti possibilità:
·         Il traduttore riproduce stilisticamente l’invariante semantica del prototesto;
·         Il traduttore ha a disposizione mezzi espressivi corrispondenti per ricreare l’invariante del prototesto ma intenzionalmente accentua determinate caratteristiche stilistiche trasmettendo così altre informazioni estetiche;
·         Il traduttore livella le peculiarità espressive del prototesto, ne impoverisce e semplifica lo stile (cambiamento negativo);
·         Il traduttore non ha a disposizione i mezzi linguistici per riprodurre i segni del prototesto e deve impiegare mezzi alternativi. In questi casi si parla di cambiamenti di elementi stilistici dell’espressione, ossia della sostituzione di quelle espressioni ritenute intraducibili. Questo tipo di trasformazione traduttiva si chiama sostituzione.
La sostituzione stilistica
Quando ha a che fare con la traduzione degli idiotismi, dei proverbi e delle altre espressioni ricorrenti, il traduttore ricorre all’artificio della sostituzione per conseguire la corrispondenza stilistica con il prototesto.
Espressioni ricorrenti nella cultura emittente vengono sostituite con espressioni ricorrenti nella cultura ricevente. Tale procedimento implica una ricodifica a livello non linguistico ma stilistico ed è particolarmente interessante nella traduzione poetica quando la struttura del testo viene sottomessa alle esigenze di organizzazione del verso.
Il traduttore ha, infatti, la possibilità di trasferire i singoli elementi linguistici da un verso all’altro senza danno per la semantica e lo stile della traduzione.
Tale sostituzione è antitetica alla realizzazione meccanica dell’esigenza di tradurre “verso a verso”. I singoli elementi si trasferiscono in modo da poter prendere parte alla creazione del nuovo testo e alla riproduzione dello stile del prototesto.