ANALISI E SINTESI

La traduzione è l’atto di più grande amicizia tra scrittori e il suo scopo è riprodurre il fascino e la bellezza dell’originale.
Il fulcro dei problemi traduttivi è il testo. È  la fonte dell’informazione data. Tutto comincia dallo studio del prototesto.
Il traduttore percepisce il messaggio, lo decodifica e lo comprende (estrapola l’informazione contenuta). Infine sostituisce gli elementi di una lingua nel linguaggio della cultura ricevente concludendo così il processo traduttivo.
Per questi motivi è molto importante elaborare un valido metodo di approccio al prototesto e formulare i punti fondamentali dell’analisi traduttiva.
1.      Comprendere il prototesto
2.      Interpretare il prototesto
3.      Riutilizzare il prototesto
Il traduttore deve compiere un viaggio nel testo e per questo la conoscenza dell’opera deve essere graduale, non immediata.
Nel processo di realizzazione di qualsiasi traduzione possiamo distinguere due operazioni: analisi e sintesi.
 L’analisi
L’analisi non è altro che l’estrapolazione dell’informazione contenuta nel prototesto e la sua decodifica. I diversi livelli del messaggio sono ordinati secondo una precisa gerarchia e per questo il processo di analisi richiede passaggi dal livello più superficiale a quello più profondo. Questo processo definisce, infatti, il modo in cui gli elementi fondamentali del testo interagiscono tra loro e partecipano alla struttura unitaria del testo.
In questa prima fase il traduttore si occupa della lingua, delle caratteristiche stilistiche che contraddistinguono il testo, della ricerca di traducenti appropriati e della spiegazione di passi incomprensibili. Egli legge il prototesto, lo comprende e inizia a tradurlo. Dopo una prima lettura, il traduttore non chiude il testo né comincia a scrivere ma parte dai mezzi linguistici del testo dato, dalle frasi, dai costrutti, dalle parole, dai suoi elementi grammaticali. 
La riscrittura si realizza partendo da un significato preciso del testo, obiettivamente fissato, che deve essere riportato con precisione affinché il ricevente dello stesso possa comprendere il messaggio.
Questo processo, di natura creativa, può essere effettuato soltanto se il traduttore dispone di una serie di elementi definiti come l’informazione traduttiva necessaria. Quest’ultima comprende tutto quello che il traduttore deve sapere per realizzare una comunicazione totale, essere cioè in grado di individuare l’invariante semantica/funzionale.
Accanto a queste informazioni invarianti, ci sono anche “perdite” o “residui” e “guadagni” che costituiscono la componente variante del testo. 
È variante quella parte della traduzione soggetta a modifiche. Queste modifiche del prototesto possono nascere per necessità del traduttore o come manifestazione del suo gusto personale. Sono varianti tutti quegli elementi del testo che non coincidono in tutte le versioni della stessa opera.
La prima fase del processo traduttivo è il tentativo di cogliere tale invariante, la seconda è il tentativo di conservarla, esprimerla e riprodurla. Questo non significa, però, che esista una sola interpretazione o un solo metatesto possibile dell’opera in questione. Esistono, infatti, diverse versioni “adeguate” di uno stesso prototesto e per versione adeguata intendiamo la “traduzione ideale”.
Tutto ciò si oppone a quella che definiamo “traduzione libera” ossia la trasposizione autonoma del contenuto del prototesto, la libera interpretazione dello stesso. Un ottimo esempio è rappresentato dalle traduzioni poetiche fatte senza conoscere la lingua originale.
In questo caso il poeta si accontenta delle poche informazioni che ha sul testo di partenza e sull’invariante di significato che gli viene presentata dalla persona che gli funge da interprete e ricrea un nuovo testo considerando: la struttura ritmica, la lunghezza del verso, il metro, la distribuzione degli accenti …
Può accadere, però, che il traduttore non sia in grado di estrapolare l’informazione traduttiva necessaria a causa di una conoscenza insufficiente della lingua e della realtà in cui si colloca l’opera e che nel corso dell’analisi egli estrapoli una minore quantità di informazione. Questo concetto viene definito come informazione traduttiva disponibile.
Il processo di analisi linguistica si basa sul mezzo linguistico (analisi linguistica) e sul senso (analisi del contenuto). In aiuto a questo processo accorre quello che si chiama linguaggio d’intermediazione impresso nella memoria del traduttore che si concretizza sotto forma di vocabolario, manuali, regole. Questo serve non solo da riferimento nel processo di decodifica, ma nei suoi simboli si traduce l’informazione che il traduttore estrapola dal prototesto.
Di conseguenza, la prima fase del processo traduttivo può essere rappresentata come un passaggio dal linguaggio naturale del prototesto al linguaggio d’intermediazione.
Successivamente la fase di sintesi può essere considerata un passaggio dal linguaggio d’intermediazione al linguaggio naturale del metatesto, ossia come traduzione dal linguaggio d’intermediazione dato alla lingua ricevente.
La sintesi
Superata la fase di analisi (mezzo di decodifica), comincia la fase di ricodifica del messaggio, la sintesi.
Per far sì che il testo possa essere considerato un’unità compiuta occorre considerare anche il contesto dell’opera. Nella maggior parte dei casi, una data espressione linguistica, infatti, è in sé intraducibile se si prescinde da esso.
Ciò avviene perché, se analizziamo singolarmente e indipendentemente dal resto alcuni elementi dei linguaggi naturali, non siamo in grado di estrapolare una quantità sufficiente di informazioni per fare la scelta corrispondente e di conseguenza per decodificare e tradurre.
Il contesto ci interessa nella misura in cui influisce nel testo ovvero a seconda dei legami che il testo ha con la società, soprattutto quando oggetto del processo traduttivo sono testi connotativi, la comprensione di una data frase dipende dalla comprensione del paragrafo, dell’intero capitolo dell’opera, dei suoi legami con il mondo esterno.
Talvolta, infatti, l’analisi linguistica non è sufficiente, in quanto la scelta del traduttore deve essere condizionata anche dalla conoscenza dell’epoca, dai tratti peculiari dell’opera, dalla visione stilistica e dal punto di vista estetico dell’autore, dalla sua visione del mondo.
Tutti questi elementi vengono definiti come analisi extralinguistica.
Occorre sottolineare che, nel processo di ricodifica, il metatesto deve ricreare un’armonia tra tutte le componenti testuali del testo originale: non si può realizzare la traduzione di un componente a scapito di un altro. Il traduttore non può privilegiare solo un livello del testo perché altrimenti la sua traduzione sarebbe solo la traduzione di aspetto del testo e non del senso dell’intera opera.
L’atteggiamento del traduttore nei confronti del prototesto può essere di apertura e di apprezzamento e in questo senso si parlerà di un metatesto armonioso.
Possiamo citare vari tipi di esempi relativi ai metatesti armoniosi: plagi, traduzioni di seconda mano, riscritture, i facsimile e la citazioni.
Questo tipo di atteggiamento è conosciuto come “calco”. Esistono vari tipi di calco: estratti da un’opera, raccolte di citazioni che diventano un testo a sé stante.
La manipolazione autoriale di un testo preesistente può essere intesa in diversi modi:
·         L’autore dà un rimando al testo e questa operazione viene denominata “citazione autorizzata”;
·         La traduzione di un’opera propria;
·         La rielaborazione di un’opera propria;
·         L’autore cita un’opera di un altro autore;
·         Ricostruzione di un testo inedito a partire dai ritrovamenti di testi incompleti;
·         Imitazioni di titoli di opere;
·         Pseudotraduzioni. Si tratta della situazione in cui l’autore fa passare la propria opera per traduzione di un’altra. L’autore vuole che il suo testo sembri un metatesto anche se non lo è.
In contrapposizione avremo quello che si chiama atteggiamento conflittuale, discordante, polemico nei confronti del prototesto. Esempi di questo atteggiamento possono essere rilevati nei vari tipi di dibattito letterario, parodie e simili.
La parodia è un’opera su un’opera. Deforma il modello del testo perché è governata dal principio di distruzione. Traduzione e parodia partono, quindi, da due scopi opposti. Il ricevente della parodia può essere doppio, come avviene in traduzione: quello che sa che si tratta di una parodia e quello che non lo sa. Ma al contrario della parodia, la traduzione non conosce il principio di distruzione ma il traduttore deve servire il prototesto, senza spirito polemico.
Altri metatesti, invece, nascono come sostituti del prototesto. Si tratta di testi che funzionano da metatesti didascalici. Sono metatesti di letture economiche che hanno l’obiettivo di far risparmiare tempo al lettore di fronte al moltiplicarsi delle informazioni.
In relazione a quanto detto possiamo concludere riassumendo le principali differenze tra prototesto e metatesto:
1.      Il prototesto nasce come testo singolo, dimostrando così l’irripetibilità dell’opera. Contiene, infatti, una testimonianza invariante della descrizione del mondo.
2.      Il prototesto appartiene ad una determinata cultura. Per i riceventi si tratta di individuare nel metatesto le differenze tra cultura propria e cultura altrui.
3.      Il metatesto si inserisce nella cultura ricevente. La scelta dell’opera da tradurre può essere in armonia con l’estetica del periodo, ma avere una organizzazione tecnica traduttiva diversa. Ma condizione del metatesto è che rappresenti degnamente il prototesto.