I PRINCIPALI PROBLEMI TRADUTTIVI

La traduzione totale
Secondo l’opinione unanime degli specialisti slavi, la teoria della traduzione è in ritardo rispetto allo sviluppo della pratica della traduzione. I problemi di teoria e pratica della traduzione dovrebbero andare di pari passo, ma molto spesso ciò non si verifica. Bisognerebbe avvicinare lo studio dei problemi traduttivi generali indipendenti dalla coppia di lingue in questione (competence in translation) ai problemi pratici che derivano dallo specifico della coppia di lingue coinvolte (performance in translation).
I problemi traduttivi possono essere suddivisi in fondamentali, specifici e particolari. I problemi di ogni gruppo sono strettamente legati e condizionati gli uni agli altri. La soluzione dei problemi particolari dipende dalla soluzione dei problemi specifici e così via.
E inoltre, l’importanza della traduzione della letteratura specialistica scientifica tradotta ha contribuito alla formazione dei princìpi della traduzione adeguata e della concezione della traduzione come riproduzione precisa dell’originale. Attualmente si ritiene che ogni processo traduttivo, indipendentemente dal genere di testo che si traduce, rappresenti un insieme di processi linguistici creativi. Così la traduzione artistica può essere definita come una variante dell’attività letteraria creativa e si differenzia dagli altri generi di traduzione (quelli scientifici) definiti processi linguistici non creativi. Tradurre significa, allora, “esprimere in maniera esatta e completa quello che è già stato espresso con gli strumenti di un’altra lingua, mantenendo l’unità tra contenuto e forma”. Ma in parallelo alla teoria generale, è necessario elaborare teorie specialistiche condizionate dai diversi tipi di testo da tradurre.
In svariati lavori viene ripetuto l’invito ad avvicinare la teoria alla pratica e di precisare l’oggetto di studio. Bisogna necessariamente definire un insieme di regole per affrontare i problemi essenziali della traduzione e proporre un metodo universale di processo traduttivo che abbracci varie esperienze traduttive.
A questo punto è doveroso introdurre il concetto di “traduzione totale” che nasce per la prima volta negli anni Sessanta. Introdotto da Catford, questo concetto distingueva da un lato la “traduzione completa” (full translation) e la traduzione parziale (partial translation) e dall’altro la “traduzione totale” e quella “limitata” (total and restricted translation).
Per traduzione completa si intende la traduzione integrale di un testo in tutte le sue componenti.
La traduzione totale è, invece, un processo in cui il materiale della lingua emittente si traduce in quello della lingua ricevente, ma non necessariamente a tutti i livelli. La sostituzione in questo caso avviene tramite “equivalenti”.
Il riconoscimento della traduzione come processo totale comporta la necessità di una descrizione scientifica dello stesso, che possa fungere da base sia per l’analisi della totalità sia delle singole traduzioni.
Nell’ambito della traduzione totale possiamo, pertanto, individuare la traduzione testuale, metatestuale e quella intertestuale.
Per traduzione testuale si intende la traduzione di un testo intero in un altro testo intero. È la traduzione nel senso comune del termine ed è per questo l’oggetto più tradizionale della scienza della traduzione e quello che ha catalogato il maggior numero di scritti e dibattiti.
La traduzione metatestuale è la traduzione di un testo intero in una cultura. Il testo si dissolve nelle cultura ricevente e si trasforma in una moltitudine di metatesti (orali e scritti). L’opera creata dall’autore può fungere da testo di base (prototesto) per diverse persone: critici, studiosi, insegnanti, traduttori e lettori comuni. E tutti loro possono creare dei testi di natura secondaria. Questo tipo di traduzione indica, quindi, la penetrazione di un dato prototesto in un’altra cultura sottoforma di un altro strumento metacomunicativo come manuali, recensioni, enciclopedie, pubblicità, trasmissioni radiofoniche, citazioni e così via.
Questi metatesti possono fungere da lettura preventiva o rilettura del prototesto e vanno considerati in modo complementare.
La traduzione intertestuale non è altro che il processo mediante il quale viene creato un testo. Ogni testo si colloca tra due realtà: la storia della sua nascita e la storia della sua ricezione. La nascita di ogni testo è, quindi, il passaggio dal discorso orale al discorso scritto.
È importante distinguere le fasi di ideazione, prima stesura e stesura finale. L’ideazione è il testo orale di partenza (prototesto) da cui discende una serie di appunti provvisori e versioni varie (metatesti).
Ottimismo e pessimismo traduttivo
All’inizio di ogni trattato sulla traduzione ci si pone la questione della possibilità o impossibilità della traduzione.
Gli studiosi sostengono che noi vediamo il mondo così come lo rappresenta la nostra lingua. E così, visto che le nostre lingue sono diverse, vediamo mondi diversi. Questo ragionamento porta inevitabilmente alla negazione di qualsiasi possibilità comunicativa tra lingue diverse e di conseguenza alla negazione della traduzione stessa.
Il pessimismo traduttivo si basa sulla concezione che l’atto comunicativo è irripetibile e che ogni tentativo di ricostruire un metatesto sarebbe destinato a fallire. Ma un tale punto di vista non trova riscontro nella pratica di tutti i giorni.
Mentre, secondo l’ottimismo traduttivo, l’opera non viene considerata un atto ineguagliabile perché alla sua realizzazione concorrono molti fattori esterni all’autore. Uno di questi è il traduttore, considerato prima di tutto il lettore analitico del prototesto.
Le eventuali situazioni di intraducibilità possono essere linguistiche o stilistico-tematiche. Le prime riguardano le cosiddette categorie grammaticali, mentre i casi di intraducibilità tematica hanno origine dalle differenze culturali e sono i termini tecnici, le misure di lunghezza, i nomi delle monete, i giochi ecc…
Ma di interesse comune non sono tanto le enumerazioni degli elementi intraducibili quanto le proposte per risolverli.
Fatte queste premesse, deduciamo, quindi, che non sempre la traduzione si realizza in modo integrale: in determinate situazioni traduttive diviene inevitabile la realizzazione solo ad alcuni livelli. A volte accade che si realizzi solo a livello di frase o di verso, a volte a livello fonetico o solo a livello lessicale.
Il livello più basso di ricodifica linguistica è quello fonematico: si tratta della trascrizione dei suoni (lettere) da una lingua all’altra.
A seguire abbiamo la ricodifica del morfema, della parola, del sintagma, della frase, del capoverso, di un brano del testo ed infine di tutta l’unità testuale.  Quando la traduzione per le ragioni più disparate avviene sulla base di un solo livello, parliamo di “livello dominante della traduzione” ed è un livello su cui il traduttore ha concentrato la sua attenzione in modo intenzionale o del tutto involontario.
Nella traduzione a “livello di testo”, le unità traduttive non sono le parole o le frasi, ma tutto il testo nel suo insieme, in grado di esprimere le stesse informazioni estetiche e dei contenuti. In questo caso, il traduttore tende alla corrispondenza senza ottenere la piena somiglianza di singole frasi e parole. Il metatesto è affrontato al prototesto come un tutto unico. La traduzione ideale che ha pretese di somiglianza stilistica deve essere una traduzione a livello di testo. Tale traduzione conserva al meglio le informazioni invarianti e, quando queste cambiano, si ha un cambiamento stilistico tale per cui il metatesto non venga recepito come un qualcosa di estraneo.
La situazione è assai diversa quando la traduzione a livello linguistico-tematico non è possibile ossia quando nella cultura ricevente non esiste lo strumento linguistico adeguato a quello della cultura emittente.
Il traduttore ricorre allora all’interpretazione come mezzo che possa aiutarlo a superare i vari ostacoli.